Effetto placebo: è davvero solo suggestione ?
E’ in grado il nostro cervello di condizionare il decorso di una malattia o l’esito di un trattamento in funzione dell’approccio mentale al trattamento stesso?
Mi sono trovato ultimamente a parlare di questo argomento con un caro amico e discutere, tra le altre cose, dell'ampia letteratura che esiste sull’effetto placebo e le sue conseguenze sull’atteggiamento e l’approccio alla cura da parte di alcuni pazienti fino ad ottenere chiari segni di miglioramento.
Come è facile intuire, la curiosità mi ha portato ad approfondire ulteriormente la questione.
L’effetto placebo può essere descritto come la capacità di una "sostanza inerte" nell’indurre miglioramenti nei sintomi della una malattia o di un particolare stato clinico in alcuni pazienti. Grazie anche alla loro proattiva partecipazione all'incontro terapeutico con il clinico, il paziente crea le condizioni per approcciarsi mentalmente in modo positivo al trattamento che riceve.
Ciò richiede un intenso impegno emotivo e cognitivo, sia da parte del medico che del paziente ed una profonda ed intima empatia tra i due.
Sia ben chiaro che non sto parlando di sostituire con il placebo una terapia o un protocollo terapeutico certificato a livello internazionale, specialmente nel caso di malattie importanti. Me ne guarderei bene.
Tuttavia, alcuni studi dimostrano, con metodo scientifico, quanto l’effetto placebo possa influire sugli individui, fino a mimare o amplificare gli effetti di uno specifico trattamento farmacologico seguito.
Ma questp straordinario effetto, ormai da anni descritto nella letteratura scientifica di diverse aree specialistiche, è solo un fatto legato ai meccanismi incogniti e sconosciuti della nostra psiche o esistono fondamenti biochimici che lo governano ?
Ho ripescato un articolo del 2005, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The New England Journal of Medicine, che chiarisce alcuni concetti legati all’effetto placebo e apre le porte ad una materia di studio a dir poco estremamente vasta.
L’approfondimento continuerà sicuramente.
http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp1504023